Nel panorama della psicologia della personalità, la dicotomia tradizionale tra introversione ed estroversione ha dominato la comprensione delle differenze individuali per oltre un secolo. Tuttavia, la ricerca contemporanea sta rivelando una realtà più sfumata e complessa, che richiede l’introduzione di nuove categorie per descrivere accuratamente la variabilità umana. Tra queste emerge l’otrovert, un concetto innovativo che arricchisce il nostro framework teorico e clinico.
La ricerca neuroscientifica degli ultimi anni ha rivoluzionato la nostra comprensione della personalità. Studi avanzati di neuroimaging mostrano ora differenze neurologiche distinte tra introversi ed estroversi, dal modo in cui processano dopamina e acetilcolina a quali regioni cerebrali mostrano aumentato flusso sanguigno durante diverse attività. Questi risultati suggeriscono che la personalità ha fondamenti biologici profondi, ma anche che esiste spazio per maggiore complessità di quanto precedentemente riconosciuto. La ricerca contemporanea indica che circa il 90% delle persone si trova effettivamente nel mezzo dello spettro estroversione-introversione, sfidando il pensiero binario che ha caratterizzato decenni di teoria della personalità. Questo dato demografico sorprendente suggerisce che le categorie tradizionali potrebbero essere insufficienti per catturare la ricchezza delle differenze individuali.
Prima di esaminare l’otrovert, è essenziale comprendere l’ambivert, una categoria che ha ricevuto validazione scientifica significativa. La ricerca di Adam Grant ha dimostrato che gli ambiverti in un call center avevano entrate medie di vendita superiori rispetto ai loro colleghi estroversi o introversi. Gli ambiverti mostrano sufficiente assertività ed entusiasmo per persuadere e chiudere una vendita, ma sono più inclini ad ascoltare gli interessi dei clienti e meno vulnerabili ad apparire troppo eccitati o troppo sicuri di sé. Studi recenti utilizzando dataset MBTI multipli hanno classificato i profili del “gruppo medio” (ambiversion) nella scala Estroversione/Introversione, fornendo analisi statistiche dettagliate sulle differenze stilistiche e psicolinguistiche tra introversione, estroversione e il gruppo medio. Questa ricerca ha utilizzato metodi transformer all’avanguardia per identificare pattern linguistici distintivi degli ambiverti, conferendo maggiore validità scientifica al costruto.
L’omnivert rappresenta un concetto più controverso nel campo. Un omnivert fluttua tra comportamento introverso ed estroverso a seconda della situazione o dell’umore, mostrando una gamma più ampia di adattabilità. A differenza degli ambiverti, che mantengono un equilibrio relativamente stabile, gli omniverti tendono a rimbalzare tra due estremi (estroversione e introversione) e sono controllati dalle loro emozioni e dall’umore, quindi non possono controllare le fluttuazioni che sperimentano quando si tratta dei loro tratti di personalità. Tuttavia, la validità scientifica dell’omnivert rimane dibattuta. Alcuni esperti sono scettici sulla sua validità: “Nella mia esperienza, non esiste—non credo che qualcuno oscillerebbe tra questi due estremi”, afferma Richard Robins, professore di psicologia all’Università della California, Davis. Il termine è percepito come un costrutto di psicologia popolare, e gli esperti sono scettici sulla sua validità.
In questo contesto emerge l’otrovert, la varietà più recente nella dimensione del tratto centrale, coniata dallo psichiatra americano Rami Kaminski nel 2025. Sebbene sia un concetto emergente, l’otrovert è descritto come una persona che si sente energizzata dal connettersi con gli altri, senza essere facilmente categorizzata come introversa o estroversa. L’otrovert si distingue per essere esteriormente relazionale, focalizzato sulla connessione, con particolari punti di forza nel mentoring attraverso l’eccellenza nel costruire legami relazionali forti, rendendoli eccellenti nella costruzione della fiducia. Tuttavia, è importante notare che dal momento che non è una categoria di personalità scientifica, è meglio vederla come una scorciatoia utile piuttosto che come un tipo fisso.
La pandemia di COVID-19 ha fornito un laboratorio naturale per studiare come diversi tipi di personalità si adattano a circostanze estreme. Uno studio fondamentale del 2025 che ha esaminato i cambiamenti di personalità durante la pandemia ha trovato che la relazione tipica tra estroversione e benessere era effettivamente invertita durante i periodi di lockdown. Mentre gli estroversi normalmente riportano livelli più alti di felicità e soddisfazione di vita, hanno sperimentato più depressione e ansia durante le restrizioni sociali rispetto agli introversi, che hanno mostrato maggiore resilienza all’isolamento. Questi risultati evidenziano la natura contestuale dei vantaggi della personalità e potrebbero aprire nuove prospettive per comprendere come l’otrovert si comporterebbe in situazioni di stress sociale. La capacità di energizzarsi attraverso la connessione, caratteristica dell’otrovert, potrebbe rappresentare un vantaggio adattivo in scenari di isolamento sociale.
La validazione scientifica di questi nuovi costrutti di personalità richiede metodologie rigorose. Studi recenti utilizzano l’analisi dei componenti principali e la modellazione di equazioni strutturali per identificare pattern di personalità nei dataset MBTI, ottenendo risultati che superano modelli supervisionati stabiliti con il più alto Exact Match Ratio (0.813), Accuratezza (0.915), Precisione (0.878). La ricerca contemporanea sta anche esplorando i correlati neurobiologici di questi pattern di personalità intermedi. Studi che utilizzano metodologie di potenziale evento-correlato (ERP) dimostrano che la variazione sulla dimensione dell’estroversione è associata alla misura in cui gli stimoli sociali evocano un’allocazione potenziata dell’attenzione. Questi risultati suggeriscono che le differenze individuali nella personalità sono correlate a differenze individuali significative nelle risposte neurali agli stimoli sociali.
Dal punto di vista clinico, il riconoscimento dell’otrovert come categoria distinta potrebbe avere implicazioni significative per la pratica psicologica. L’interazione tra coinvolgimento sociale e introversione può avere effetti complessi sul benessere, inclusi autostima, coinvolgimento scolastico e burnout. La comprensione che le persone possono essere socialmente coinvolte in modi diversi dal tradizionale modello estroverso apre nuove possibilità terapeutiche. Fino alla metà della popolazione ha personalità introverse, e la diversità della personalità sul posto di lavoro può portare a maggiore produttività, creatività e risoluzione dei problemi. L’identificazione e l’inclusione degli otrovert nei contesti lavorativi potrebbe rappresentare un ulteriore asset per le organizzazioni che cercano di massimizzare il potenziale del loro capitale umano.
È fondamentale riconoscere le limitazioni attuali nella ricerca sull’otrovert. Come categoria recentemente coniata, manca di validazione empirica estensiva e potrebbe essere soggetta alle stesse critiche mosse all’omnivert riguardo alla sua natura di “costrutto di psicologia popolare”. C’è attualmente ricerca limitata sugli omniverti nel complesso, e a causa della mancanza di studi e articoli accademici, è quasi impossibile determinare quanto raro sia il tipo di personalità. Tuttavia, l’emergere di questi nuovi costrutti riflette un bisogno genuino nel campo di catturare la complessità della personalità umana che va oltre le dicotomie tradizionali. La ricerca sul comportamento “contro-disposizionale” ha rivelato che le persone possono agire con successo contro le loro tendenze naturali di personalità senza sperimentare affaticamento, suggerendo che la personalità potrebbe essere più malleabile di quanto precedentemente pensato.
Conclusioni e implicazioni per la pratica clinica
L’introduzione dell’otrovert nel panorama della psicologia della personalità rappresenta un’evoluzione naturale della nostra comprensione delle differenze individuali. Mentre la validazione scientifica è ancora in corso, il concetto offre una lente utile attraverso cui esaminare come le persone si energizzano attraverso la connessione sociale in modi che non si conformano perfettamente ai modelli tradizionali di introversione ed estroversione. Per i professionisti della salute mentale, questa espansione del framework teorico offre opportunità per interventi più personalizzati e sensibili alle sfumature individuali. La capacità di riconoscere e lavorare con clienti che potrebbero identificarsi come otrovert potrebbe migliorare l’efficacia terapeutica e la soddisfazione del trattamento. Inoltre, la ricerca futura dovrebbe concentrarsi sulla validazione empirica di questi costrutti emergenti, utilizzando metodologie rigorose che includano neuroimaging, studi longitudinali e analisi cross-culturali. Solo attraverso tale validazione scientifica potremo determinare se l’otrovert rappresenta effettivamente una categoria di personalità distinta o se è meglio concettualizzato come una variante di costrutti esistenti.
In definitiva, l’evoluzione del nostro vocabolario della personalità riflette la ricchezza e la complessità dell’esperienza umana. Che l’otrovert emerga come categoria scientificamente valida o rimanga uno strumento concettuale utile, la sua introduzione sottolinea l’importanza di mantenere apertura e flessibilità nel nostro approccio alla comprensione della personalità umana. Per i clinici, questo significa rimanere aggiornati sui sviluppi teorici emergenti mentre mantengono un approccio critico e basato sull’evidenza alla loro integrazione nella pratica professionale.
