“L’incontro di due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche: se c’è una reazione, entrambe si trasformano.” – Carl Gustav Jung
Nel silenzio del mio studio, dove solitamente ascolto le storie individuali dei miei pazienti, ogni mercoledì pomeriggio si verifica una trasformazione. Le sedie vengono disposte in cerchio, creando uno spazio condiviso dove sei o otto persone, inizialmente estranee tra loro, si riuniscono con un intento comune: comprendere più profondamente se stessi attraverso l’incontro con l’altro. È qui, in questo campo relazionale complesso, che ho potuto osservare alcune delle più potenti trasformazioni terapeutiche della mia carriera.
Il lavoro terapeutico di gruppo, sebbene spesso sottovalutato nella cultura psicoanalitica tradizionalmente orientata alla relazione duale, rappresenta un potente strumento di cambiamento psichico che merita una riflessione approfondita sulla sua validità ed efficacia alla luce della teoria e della pratica psicodinamica.
Il Gruppo come Microcosmo Sociale: Fondamenti Teorici
Da una prospettiva psicodinamica, il gruppo terapeutico non è semplicemente una collezione di individui, ma un’entità psicologica a sé stante con una propria vita inconscia. Come teorizzato da Wilfred Bion, pioniere della gruppoanalisi, ogni gruppo opera simultaneamente su due livelli: il “gruppo di lavoro” razionale, orientato al compito, e il “gruppo in assunto di base”, guidato da processi emotivi primitivi e spesso inconsci.
Il potere trasformativo del gruppo risiede precisamente in questa duplice natura. Come osservò S.H. Foulkes, fondatore della gruppoanalisi, “Il gruppo è il medium attraverso cui l’individuo può scoprire gli aspetti di sé che possono emergere solo nel contesto relazionale.” Questa intuizione riflette una verità fondamentale dello sviluppo psichico: la nostra psiche si forma in relazione, all’interno di una matrice intersoggettiva, e può essere più completamente compresa e trasformata in un contesto relazionale.
A differenza della terapia individuale, dove la relazione terapeutica è l’unico specchio disponibile, il gruppo offre una molteplicità di specchi – ogni membro diventa uno schermo di proiezione potenziale, un oggetto di identificazione, un testimone di parti dissociate del sé. Questa complessità relazionale non è una limitazione, ma una risorsa preziosa che amplifica il potenziale terapeutico.
I Fattori Terapeutici Specifici del Gruppo
Da cosa deriva l’efficacia del lavoro terapeutico di gruppo? Irvin Yalom, nel suo seminale “Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo”, identifica undici fattori terapeutici. Vorrei esplorarne alcuni particolarmente rilevanti da una prospettiva psicodinamica:
1. Universalità e Riduzione dell’Isolamento
“Pensavo di essere l’unico a sentirmi così.” Questa frase, pronunciata con sollievo da un membro del gruppo, illustra uno dei più potenti fattori terapeutici: la scoperta che la propria sofferenza, per quanto unica, ha elementi comuni con quella degli altri. Per persone con nuclei traumatici precoci o vergogna profonda, questa scoperta rappresenta spesso il primo passaggio verso l’integrazione di parti scisse della psiche.
Marina, una paziente con una storia di abuso infantile, ha mantenuto per decenni un doloroso segreto, convinta che la sua esperienza l’avrebbe resa intollerabile agli occhi degli altri. Nel gruppo, l’ascolto di storie simili ha iniziato a sciogliere la corazza difensiva di isolamento che aveva costruito, permettendo un graduale processo di elaborazione del trauma.
2. Rispecchiamento e Identificazione Proiettiva
Nel gruppo, i processi di proiezione e identificazione proiettiva – meccanismi centrali nella teoria psicoanalitica – diventano visibili e lavorabili in modi unici. Ciò che non può essere riconosciuto in sé viene spesso identificato nell’altro, creando opportunità preziose per il riconoscimento e la reintegrazione di parti scisse.
Il caso di Carlo è emblematico: incapace di riconoscere la propria rabbia narcisistica, reagiva con fastidio all’espressione di assertività di un altro membro del gruppo. Gradualmente, attraverso il lavoro interpretativo, ha potuto riconoscere questa proiezione e iniziare a reintegrare la propria aggressività in modo più adattivo.
3. Ricapitolazione Correttiva del Gruppo Familiare Primario
Il gruppo terapeutico attiva inevitabilmente le matrici relazionali interiorizzate dell’esperienza familiare precoce. Come osservato da Donald Winnicott, “non esiste un bambino senza una madre” – la nostra psiche si sviluppa all’interno di un campo relazionale, e i pattern disfunzionali possono essere riparati solo all’interno di nuove esperienze relazionali.
Nel gruppo, questi pattern si manifestano vividamente, offrendo l’opportunità di una “ricapitolazione correttiva” – la possibilità di rivivere e rielaborare, in condizioni più favorevoli, le esperienze relazionali formative problematiche.
4. Contenimento Gruppale e Funzione Alpha Collettiva
Bion ha teorizzato la “funzione alpha” come la capacità materna di metabolizzare le angosce primitive del bambino, restituendole in forma tollerabile. Nel gruppo terapeutico, questa funzione diventa collettiva: il gruppo stesso può contenere e trasformare angosce che sarebbero sopraffacenti per il singolo individuo o persino per la diade terapeutica.
Ho osservato questo processo nella terapia di Giulia, una paziente con gravi angosce di frammentazione. L’espressione della sua angoscia nel gruppo, accolta e contenuta collettivamente, ha permesso una graduale metabolizzazione che non era stata possibile nel suo precedente percorso individuale.
Evidenze di Efficacia: Oltre l’Aneddotica
La validità del lavoro terapeutico di gruppo non riposa solo su fondamenti teorici, ma è sostenuta da una crescente base di evidenze empiriche. Una meta-analisi condotta da Burlingame et al. (2016) ha esaminato 111 studi controllati, concludendo che la terapia di gruppo è significativamente più efficace delle condizioni di controllo e comparabile alla terapia individuale per un’ampia gamma di disturbi.
Particolarmente significativa è l’evidenza che supporta l’efficacia della terapia di gruppo psicodinamica per disturbi complessi come il disturbo borderline di personalità. Lo studio STEPPS e il lavoro di Bateman e Fonagy sulla mentalizzazione in gruppo hanno dimostrato miglioramenti duraturi nella regolazione emotiva e nella funzione riflessiva.
Queste evidenze suggeriscono che, lungi dall’essere una “seconda scelta” rispetto alla terapia individuale, il lavoro di gruppo rappresenta una modalità terapeutica con specifici vantaggi, particolarmente adatta per chi necessita di sviluppare capacità relazionali e riflessività sociale.
Quando il Gruppo è la Scelta Ottimale
La terapia di gruppo psicodinamica si è dimostrata particolarmente efficace per alcune presentazioni cliniche specifiche:
Disturbi di Personalità
Per i pazienti con tratti di personalità dipendente, evitante o narcisistica, il gruppo offre un laboratorio relazionale insostituibile. I pattern disfunzionali diventano rapidamente visibili nelle interazioni, offrendo opportunità immediate di riflessione e intervento.
Alessandro, un paziente con marcati tratti narcisistici, ha dovuto confrontarsi con le reazioni genuine dei membri del gruppo alle sue modalità svalutanti – un feedback che, a differenza di quello del terapeuta individuale, non poteva essere facilmente liquidato come “professionale.” Questa esperienza ha catalizzato un importante processo di revisione del suo stile relazionale.
Disturbi Alimentari
La natura relazionale e corporea dei disturbi alimentari li rende particolarmente responsivi al trattamento gruppale. Nel gruppo, la vergogna legata al corpo e all’alimentazione può essere gradualmente desensibilizzata, e le identificazioni proiettive tipiche di questi disturbi possono essere elaborate in un contesto contenitivo.
Esperienze Traumatiche
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il trauma – con le sue componenti di vergogna, isolamento e disconnessione – risponde particolarmente bene al contesto gruppale. Come osservato da Judith Herman, “il trauma isola, il gruppo ricrea appartenenza.”
Il Gruppo come Strumento di Integrazione Psichica
La prospettiva psicodinamica ci ricorda che la psiche umana non è un’entità isolata, ma è intrinsecamente relazionale. Come ha poeticamente espresso D.W. Winnicott, “non esiste una cosa come un bambino” – esistono solo bambini in relazione con altri. La nostra psiche si forma all’interno di una matrice relazionale e, pertanto, molte ferite psichiche possono essere riparate solo all’interno di esperienze relazionali correttive.
Il gruppo terapeutico, con la sua molteplicità di specchi relazionali, offre un ambiente unico dove questa riparazione può avvenire. Non è semplicemente un’alternativa economica alla terapia individuale, ma una modalità terapeutica con qualità trasformative uniche.
Nella mia esperienza clinica, ho osservato pazienti che, dopo anni di terapia individuale, hanno fatto progressi significativi solo quando hanno integrato il loro percorso con un’esperienza di gruppo. Non perché la terapia individuale fosse inadeguata, ma perché alcune dimensioni della guarigione psichica richiedono la presenza di “più di un altro.”
Nel cerchio di sedie del mercoledì pomeriggio, continuo a testimoniare il potere trasformativo dell’incontro autentico tra esseri umani che, condividendo le proprie vulnerabilità, scoprono non solo di non essere soli, ma di essere capaci di guarire e far guarire attraverso la relazione.
I nomi dei pazienti sono frutto di fantasia.
